È lui che decide i piani per il weekend (e ha il potere di farli fallire, per citare Jep Gambardella). È il protagonista delle chiacchiere al bar, alla fermata dell’autobus o nei minuti di attesa prima dell’inizio di una riunione. Esatto, stiamo parlando del meteo. O meglio delle app del meteo, quelle che tutti abbiamo installato nello smartphone e controlliamo di routine ogni giorno, spesso confrontandole con quelle degli amici. C’è chi si affida all’app Meteo preinstallata sull’iPhone, chi consulta le icone di 3bMeteo e chi i modelli di Windy, chi si fida solo dell’Aeronautica militare… ma tutti sono destinati a scontrarsi con una realtà: le app del meteo, prima o poi, sbagliano. Anzi, capita anche più spesso del previsto. Ma sono davvero così inaffidabili o siamo noi a non saperle interpretare? Cerchiamo di tracciare qualche punto fermo.
Come funzionano le app del meteo
Per le previsioni del tempo dobbiamo affidarci ai modelli meteo. Sono programmi di calcolo che rappresentano le variabili meteorologiche (pressione, temperatura, vento, umidità, radiazione ecc.) attraverso un insieme di numeri, collocandole in una griglia spazio-temporale. A partire dalle condizioni iniziali, cioè da quelle del momento presente, questi programmi svolgono un insieme di complesse equazioni per simulare il comportamento della natura nel futuro. Insomma, le icone che noi vediamo nelle app del meteo sono rappresentazioni super sintetiche di ciò che emerge da una serie di calcoli matematici.
Esistono modelli meteo globali (tra i più celebri ci sono l’americano GFS – Global Forecast System e l’europeo ECMWF – European Centre for Medium-range Weather Forecasts) oppure locali, i cosiddetti Limited Area Models (LAM). Questi ultimi sono più precisi, ma anche molto più costosi e affidabili solo per le prime 72-96 ore. Oltretutto, non possono prescindere dai modelli globali, perché è da loro che ricavano i dati.
Le uniche previsioni da consultare sono quelle nel breve termine
Quando apriamo una qualsiasi app del meteo, ci basta qualche scroll per passare in rassegna tutta la settimana e, in molti casi, anche la successiva. Ci sono addirittura siti che si avventurano fino ai 30 o 45 giorni successivi. Ecco, questo è il primo tranello in cui non cadere.
Nelle righe precedenti abbiamo imparato che tutti i calcoli dei modelli meteo prendono il via dall’osservazione del presente. Anche ipotizzando che i loro calcoli siano perfetti, basta un errore nelle condizioni iniziali per far sì che le previsioni siano sbagliate (non approssimate, o destinate ad avvicinarsi alla realtà dopo un po’ di tempo: proprio sbagliate!). Ma immaginiamo anche che sia tutto giusto: il modello elabora una previsione di ciò che accadrà tra un’ora e la usa come punto di partenza per una previsione a due ore, che diventa il punto di partenza per una previsione a tre ore e così via. Più ci si allontana dagli unici valori noti, cioè quelli del momento attuale, più aumenta la probabilità di errore.
Tanto più perché l’atmosfera è un sistema dinamico caotico. Ciò significa che è deterministico, cioè si evolve sulla base della sua storia passata, ma basta un errore infinitesimale nella conoscenza del sistema in un certo istante per generare un grande errore nelle previsioni, specie a medio e lungo termine. Se hai studiato fisica, perdonaci la semplificazione!
“C’è il 40% di probabilità di pioggia”: ma cosa significa?
Se sei tra i fedelissimi delle app del meteo, non ti sarà sfuggito il fatto che ormai, oltre a dire che pioverà, specificano anche qual è la probabilità che ciò accada. Se c’è il 40% di probabilità di pioggia, dunque, puoi azzardarti a lasciare a casa l’ombrello perché significa che al 60% sarà solo un po’ nuvoloso? Purtroppo, anche in questo caso il discorso è un pochino più complesso.
Il National Weather Service statunitense ce lo spiega attraverso un esempio. A questo 40% di probabilità di pioggia si può arrivare in diversi modi. Immaginiamo per esempio che il meteorologo sia sicuro all’80% che pioverà, ma soltanto sul 50% dell’area monitorata. Oppure immaginiamo che il meteorologo preveda l’avvicinarsi di un’ampia zona di precipitazioni con una copertura al 100%, ma sia sicuro soltanto al 40% che raggiunga l’area monitorata. Ecco: in entrambi i casi, l’app del meteo segnalerà il 40% di probabilità di pioggia.
I nomi delle ondate di calore sono invenzioni mediatiche
Un’altra presenza fissa nei titoli dei giornali estivi sono i nomi delle ondate di calore, uno più evocativo dell’altro: Caronte, Minosse, Lucifero. A un primo sguardo può sembrare che non ci sia niente di strano: d’altra parte, sappiamo bene che anche gli uragani hanno un nome, giusto? Sì e no.
A dare i nomi ai cicloni è la World Meteorological Organization (WMO), attraverso un iter rigoroso: esistono sei liste che contengono 21 nomi ciascuno, assegnati in ordine alfabetico. La lista del 2023, dunque, sarà ripetuta nel 2029. Se un fenomeno è talmente rovinoso da restare nei libri di storia, il suo nome viene escluso dalle future liste: è il caso di Katrina, che devastò New Orleans nel 2005, o – più di recente – di Fiona e Ian (entrambi nel 2022).
Per le ondate di calore non esiste nulla del genere. Anzi, la WMO ha detto chiaro e tondo di essere contraria ad assegnare loro un nome: si rischierebbe solo di fare confusione, tanto più perché i criteri per identificarle sono molto più sfumati. Ma allora, da dove vengono tutte queste figure mitologiche? Ebbene sì, da una app del meteo. IlMeteo, per la precisione. Possiamo continuare a usarli? Certo, se ci piacciono; ma ricordandoci che di scientifico non hanno nulla.
Previsioni meteo, ancora l’anticiclone Caronte: caldo come se fosse luglio https://t.co/E9f6FvBsOD
— Repubblica (@repubblica) September 10, 2023
Ma perché ci piacciono così tanto le app del meteo?
Ricapitolando, abbiamo detto che le app del meteo sono meno intuitive del previsto e che, spesso e volentieri, sbagliano. Ma allora perché ci piacciono così tanto? Un editoriale del Guardian si pone la stessa domanda ed elabora una possibile spiegazione. Il mondo esterno, oggi più che mai, è imprevedibile. Una pandemia è scoppiata dal nulla e ha sconvolto le nostre vite per lunghi mesi, i cambiamenti climatici mettono a repentaglio gli ecosistemi così come li conosciamo, tutto là fuori ci appare destabilizzante.
Ecco, anche quando ci sentiamo minuscole pedine in una scacchiera in cui tutto si muove freneticamente, le piccole icone colorate dell’app del meteo ci danno l’impressione che qualcosa sia sotto controllo. Sono una grossolana semplificazione di calcoli complicatissimi e fallibili? Sì. Ma al nostro cervello poco importa. Controllarle ogni giorno, più volte al giorno, ci rassicura. Almeno fino al prossimo temporale che ci coglierà di sorpresa mentre torneremo dal lavoro in bici!