Cos’hanno in comune la stagione 2015/2016 del Parma Calcio, lo smartphone Pebble Time, il film di Veronica Mars e il primo reggiseno ad hoc per le donne che hanno subito un’operazione chirurgica? Tutte queste idee sarebbero rimaste chiuse in un cassetto, se non fosse stato per il crowdfunding. Questo rivoluzionario metodo di finanziamento collettivo in Rete ormai non può dirsi una novità, ma è ancora circondato da un’aura di confusione. Proviamo a chiarirci le idee e sfatare un po’ di falsi miti.

I vari tipi di crowdfunding

Innanzitutto, crowdfunding è un termine-ombrello sotto il quale ritroviamo esperienze molto diverse tra loro. Il report stilato dalla Commissione europea propone questa classificazione.
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Rewards crowdfunding

Senza dubbio è la prima cosa che ci viene in mente quando sentiamo parlare di crowdfunding. In breve, funziona così: un soggetto (impresa, startup o associazione) pubblica su una piattaforma il progetto che vorrebbe realizzare. Ogni campagna si propone un obiettivo monetario e si svolge in un lasso di tempo definito, che nelle piattaforme più celebri è al massimo di due mesi. Chiunque è libero di fare una donazione di qualsiasi importo, da un solo euro fino al 100% del budget, ricevendo in cambio un premio che varia a seconda di quanto è stato generoso.

Semplificando molto, possiamo suddividere i progetti in due grandi categorie:

  • produzioni culturali, come libri e film;
  • nuovi prodotti.

In questo secondo caso, il crowdfunding è una sorta di pre-order: il donatore finanzia la produzione e in cambio si aggiudica il prodotto prima del lancio ufficiale sul mercato. È stato per esempio il caso di FABTotum, la prima stampante 3D domestica che fa anche da fresa e scanner, oppure di Thinks, l’intimo femminile che sostituisce gli assorbenti igienici, della e-bike pieghevole Maxfoot o di Oculus, il visore per la realtà virtuale che poi è stato scelto anche da Facebook.

Se invece la raccolta fondi serve a finanziare un film (come nel caso dell’italiano Io sto con la sposa), a seconda dell’entità del contributo si può ricevere una copia digitale, un biglietto per andare a vederlo al cinema, un dvd, una locandina, una proiezione pubblica nella sede della propria associazione e così via. Ma in realtà, soprattutto per le produzioni culturali, non c’è limite alla fantasia! I componenti del gruppo musicale Selton hanno invitato i backers a casa propria un concerto privato, Paola Cole li ha fatti addirittura salire sul palco a cantare insieme a lei (ma solo se avevano donato 2500 dollari!), gli autori del videogame Thimbleweed Park hanno creato personaggi con lo stesso nome e lo stesso aspetto fisico dei sostenitori.

Prestiti peer-to-peer

Cosa fa un’impresa quando ha bisogno di liquidità? Nove volte su dieci si rivolge a una banca. In questo caso invece succede qualcosa di diverso: tanti potenziali investitori si mettono a disposizione per prestarle denaro, specificando il tasso d’interesse, e l’azienda accetta le offerte più convenienti. Così non si interfaccia più con una banca tradizionale, ma con una pletora di soggetti.

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Equity crowdfunding

Qui siamo “a metà” tra il mondo del crowdfunding e quello della finanza, perché l’impresa emette delle azioni e le vende appoggiandosi a una piattaforma ad hoc. In linea teorica quindi il meccanismo ricalca quello della Borsa, ma è decisamente meno costoso e amplia parecchio la platea dei potenziali investitori. Va da sé che bisogna rispettare alcuni requisiti legali e dimostrare che l’impresa è solida e matura.

Crowdfunding per beneficenza

In questo caso non ci sono ricompense, prodotti da scoprire in anteprima, dividendi o tassi d’interesse: i privati scelgono semplicemente di elargire a un progetto non profit una somma a loro scelta, senza ricevere nulla in cambio. Un nuovo look per le classiche donazioni.

Ci sono poi altri modelli un po’ meno noti al grande pubblico (come la condivisione dei proventi e il crowdfunding con i titoli di debito) e c’è anche chi ne crea uno originale, facendo un mix di elementi eterogenei.

Il crowdfunding è un lavoro!

moneyQueste poche righe di descrizione tagliano fuori tantissimi dettagli, ma dovrebbero già essere sufficienti per sfatare una leggenda metropolitana ancora diffusissima: quella che dipinge il crowdfunding come una sorta di formula magica che fa letteralmente piovere i soldi dal cielo. A furia di sentir parlare di idee nate in uno scantinato che hanno riscosso un successo planetario dall’oggi al domani, infatti, rischiamo di farla un po’ troppo semplice.

Un’intuizione brillante è soltanto il punto di partenza di un progetto strutturato, che si fonda su un’analisi di mercato: davvero nel mondo non esiste nessun prodotto simile? Se sì, magari è perché manca l’interesse da parte del pubblico? Qual è il posizionamento giusto per la novità da lanciare?

business planDopodiché bisogna elaborare un vero e proprio business plan, indicando un obiettivo credibile per la campagna e calibrando al centesimo le spese. Perché, scavando sotto la superficie, si scopre che ce ne sono davvero tante. Inutile raccogliere 10mila euro per un film, se bisogna spenderli tutti per girare il promo, inviare le ricompense ai sostenitori, fare promozione sui social media e via discorrendo. Già, perché l’altro grande pilastro del crowdfunding è la comunicazione. Tra le migliaia di campagne online, l’utente in target deve intercettare proprio quella giusta ed esserne talmente conquistato da sborsare denaro di tasca sua. Passaggi che sono tutto fuorché immediati!

Queste suggestioni in ordine sparso possono sembrare perfino banali, ma la verità è che troppi sono ancora convinti del fatto che il crowdfunding sia una sorta di “ultima spiaggia”. Sono quelli che, dopo aver ricevuto troppe porte in faccia da banche, fondi di venture capital e produttori, fanno un tentativo nella convinzione di portarsi a casa il risultato, in un modo o nell’altro. Una campagna però è qualcosa di molto più serio: è una promessa fatta al mondo e soprattutto ai propri sostenitori. Non essere all’altezza delle aspettative significa mandare in fumo la propria credibilità, che non si può certo riconquistare dall’oggi al domani.

Il glossario del crowdfunding

Sparsi qua e là nei paragrafi precedenti troviamo già alcuni termini specifici, ma è utile raccoglierli tutti in questo breve glossario.

  • All or nothing: le donazioni vengono incassate soltanto se viene raggiunto l’obiettivo della campagna. Se manca anche un solo euro, i backers si vedono riaccreditare i soldi spesi.
  • Backers: le persone che contribuiscono a una campagna.
  • Crowdinvesting: attraverso una piattaforma digitale si investe in un progetto imprenditoriale, ricevendo in cambio una remunerazione del capitale. L’equity crowdfunding è un suo sottoinsieme, insieme al lending crowdfunding e all’invoice trading.
  • Goal: la somma totale che ci si propone di raggiungere.
  • Keep it all: chi lancia una campagna crowdfunding incassa tutti i soldi ricevuti, anche se non ha raggiunto il goal.
  • Perks: le ricompense offerte a chi fa una donazione a una campagna di rewards crowdfunding. Piattaforma: il portale in cui si pubblica la campagna crowdfunding. I più famosi nel mondo sono Indiegogo e Kickstarter, entrambe statunitensi, ma anche noi italiani possiamo vantare alcune piattaforme che funzionano molto bene: DeRev, Eppela, Produzioni dal Basso, Mamacrowd, StarsUp.
  • Pitch: il video promozionale che riassume in pochi minuti il senso della campagna e invita a contribuire.

E tu hai mai condotto una campagna crowdfunding? Hai raggiunto il tuo obiettivo?

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