Dimentichiamoci l’immagine un po’ cupa del classico mercatino delle pulci: oggi la compravendita dell’usato viaggia su smartphone e piace sempre di più. A dirlo sono gli italiani intervistati dalla società di ricerca Bva Doxa per la settima edizione dell’Osservatorio second hand economy, commissionata dalla piattaforma Subito.it. Nel 2020 il giro d’affari dell’usato ha raggiunto i 23 miliardi di euro, cioè l’1,4% del Pil del nostro Paese. Ed è merito soprattutto del successo di app e marketplace: in una parola, della digital second hand, che ormai rappresenta il 46% di questa cifra e sembra avere tutta l’intenzione di crescere ancora.
La pandemia ci fa riscoprire l’usato
Nel 2020 ben 23 milioni di italiani hanno comprato o venduto un oggetto di seconda mano, e per il 14% (cioè 3 milioni di persone) era la prima volta. Anche stavolta la pandemia ci ha messo lo zampino. Nell’anno che ci ha costretti a trasferire online pressoché qualsiasi cosa, dalla riunione con i colleghi all’aperitivo con gli amici, non c’è troppo da stupirsi se il 63% degli italiani ha preferito i siti web ai negozi. La digital second hand piace perché è più veloce (lo dice il 47% degli intervistati) e perché si può gestire comodamente dal divano di casa (44%).
Sappiamo anche che, sempre a causa delle misure di lockdown, tanti si sono trovati costretti a tirare la cinghia: ecco quindi che l’usato diventa un trucco per gestire al meglio le proprie finanze (lo dice un acquirente su tre) o per incassare un’entrata extra (come afferma il 34% dei venditori). Liberarsi di qualche vecchio mobile o di oggetti lasciati a prendere polvere torna anche molto utile quando bisogna ricavarsi una postazione per la DAD o lo smart working (13%). A spartirsi il podio del commercio online sono gli articoli per la casa e la persona, quelli per sport e hobby e i device elettronici.
Chi sperimenta la second hand e perché
Tra quei 54 milioni di italiani che prima o poi hanno comprato o venduto qualche oggetto usato ci sono tanti laureati (66%), giovanissimi della generazione Z (65%) e famiglie con bambini piccoli (63%). Categorie che hanno i loro buoni motivi per gestire in modo più oculato le proprie risorse.
Oltre alle ragioni del portafoglio, però, ci sono anche quelle del Pianeta: la second hand ha conquistato il terzo posto nella classifica delle abitudini sostenibili degli italiani, dopo la raccolta differenziata e l’acquisto di lampadine a Led. Ora che l’ambiente ha conquistato le prime pagine, infatti, a molti vengono i brividi all’idea di portare in discarica un computer o una bici ancora perfettamente funzionanti. Gli addetti ai lavori ci direbbero che ogni prodotto ha un impatto ambientale, dovuto all’estrazione delle materie prime e poi alla produzione, al packaging, al trasporto, all’uso e allo smaltimento. Allungare il suo ciclo di vita significa ammortizzare questo impatto ambientale, creando più valore a parità di risorse impiegate.
La digital second hand va di moda
Se ci viene istintivo pensare che la seconda mano sia anche una seconda scelta, è arrivato il momento di ricrederci. Soprattutto perché il settore “in” per definizione, la moda, ha imboccato questa strada con convinzione.
A dicembre è approdata anche in Italia Vinted, piattaforma nata nel 2008 dall’intuizione di due amici lituani: Milda, studentessa universitaria alle prese con un armadio straripante e un trasferimento a Vilnius, e Justan, sviluppatore. Il proposito di vendere qualche vestito di troppo è diventato prima un sito e poi un’app che oggi è attiva in 12 Paesi europei, con 37 milioni di iscritti e un team di 500 persone che lavorano dietro le quinte. L’intento è quello di espandersi ancora, anche grazie ai 250 milioni di euro appena raccolti con un nuovo round di finanziamento. Certamente – sottolinea un’analisi pubblicata da Fashion Network – bisogna raggiungere una certa massa critica per rendere redditizio un modello di business i cui unici ricavi sono le inserzioni pubblicitarie e una commissione su ogni transazione andata a buon fine (pagata dall’acquirente e non dal venditore).
Lusso di seconda mano
Non ha di questi problemi un gruppo del calibro di Kering, che i più conosceranno attraverso i suoi brand (Gucci, Yves Saint Laurent, Balenciaga, Bottega Veneta e Pomellato, solo per citarne alcuni). Ebbene, questo peso massimo del fashion&luxury ha acquisito il 5% di Vestiaire Collective, celebre marketplace di articoli di lusso. Usati, ça va sans dire.
Il suo diretto competitor, The RealReal, già da qualche anno offre un bonus a chi rivende capi di Stella McCartney e Burberry, a seguito di un accordo stretto con i brand stessi. Da qualche mese ha introdotto anche uno store digitale dedicato a Gucci, popolato anche dalle boutique “ufficiali” e non più solo dagli utenti intenzionati a ricavare qualche soldino da una borsa abbandonata in fondo a un armadio.
Evidentemente i grandi brand non possono restare indifferenti alle proiezioni di crescita per questo mercato. Secondo la società di consulenza Bcg, il second hand di gioielli e orologi da solo vale già 21 miliardi di euro a livello globale, con un tasso di crescita dell’8% annuo che è ben più veloce di quello del segmento lusso nel suo insieme. L’aspetto più interessante è che siamo soltanto all’inizio: chi saprà cogliere queste nuove opportunità, con un atteggiamento aperto e creativo, avrà molto da guadagnarci.
Smartphone ricondizionati: perché no?
Quando bisogna cambiare computer, smartphone o tablet, ci sarà da fidarsi a scegliere un device di seconda mano? La risposta è sì, soprattutto se non è usato bensì ricondizionato. C’è tutta la differenza del mondo, perché nel secondo caso significa che un operatore specializzato ha ritirato il prodotto, ha sostituito con ricambi originali le parti danneggiate (tipicamente la scocca graffiata o lo schermo rotto), ha ripristinato il sistema operativo, ha condotto una serie di test e ha igienizzato il tutto. Insomma, dopo tutti questi passaggi è quasi impossibile distinguerlo da uno appena uscito dalla fabbrica. Anzi, la differenza c’è: il prezzo!
Più di 200mila persone per questo si sono affidate a Swappie, un servizio finlandese che valuta i vecchi iPhone, li acquista, li ricondiziona e infine li rimette in vendita offrendo 12 mesi di garanzia. Considerato anche l’impatto ambientale della produzione di uno smartphone, vale la pena di farci un pensiero!
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