I libri e i film di fantascienza ci hanno lasciato in eredità una concezione un po’ inquietante di Intelligenza Artificiale, narrando di macchine sofisticate che acquisiscono una coscienza e tramano nell’ombra per prendere il potere sull’umanità. Nella realtà queste tecnologie sono decisamente più innocue, ma riservano comunque parecchie sorprese. Anzi, vale proprio la pena di studiarle un po’ più da vicino, perché l’efficienza degli algoritmi può essere di grande aiuto a innumerevoli attività aziendali. A cominciare da una che può davvero fare la differenza in termini di reputazione e fidelizzazione, il customer care.

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Customer care digitale, le aziende italiane arrancano

messenger per il customer careIl centro di ricerca IULM AI Lab ha preso in esame 230 grandi aziende italiane appartenenti a sei settori (abbigliamento, alimentari, arredamento, banche, hospitality e GDO). L’80% dei brand gestisce i rapporti con i clienti attraverso i social media, il 73% attraverso i form di contatto e il 69% attraverso il buon vecchio numero di telefono.

Basta cimentarsi con i form di richiesta informazioni, però, ed ecco i primi intoppi: nel 29% dei casi l’utente non riceve conferma del fatto che il suo messaggio sia stato ricevuto e nel 10% dei casi deve attendere almeno una settimana per ottenere una risposta. Che a volte non arriva mai!

Vale lo stesso discorso per la chat su Facebook. Una funzionalità che piace – l’hanno attivata sette aziende su dieci – ma viene sfruttata solo fino a un certo punto. Una domanda su tre, infatti, resta in attesa per almeno 48 ore. E, lo sappiamo, 48 ore possono diventare un’eternità per un cliente alle prese con un dubbio o un problema tecnico. Se in un primo momento è solo un po’ perplesso e in cerca di aiuto, due giorni dopo è furibondo. O è direttamente passato a un competitor!

Cosa sa fare l’Intelligenza Artificiale

Alcuni motivi per queste inefficienze li possiamo immaginare. Operatori oberati di lavoro, scambi di e-mail interne all’azienda che si perdono nel vuoto, incomprensioni al telefono. Le cose diventerebbero molto più semplici se a monte ci fosse un sistema che filtra le richieste, risolve da solo quelle più basilari e smista tutte le altre per fare in modo che arrivino alla persona più qualificata per occuparsene. Ed è proprio qui che entra in gioco l’Intelligenza Artificiale.

intelligenza artificialeGià, dimentichiamoci i robot umanoidi: l’AI altro non è che una tecnologia, basata su algoritmi, che simula determinate funzioni del cervello umano come per esempio la capacità di comprendere i testi o di tradurli da una lingua all’altra. La potenza di calcolo delle macchine fa sì che siano molto più rapide – e quindi più performanti – di noi esseri umani, ma soltanto per eseguire le specifiche operazioni per cui sono state progettate. O almeno, per il momento va così. Secondo alcuni studiosi, prima o poi arriveremo alla cosiddetta Intelligenza Artificiale forte che riesce a ragionare e risolvere problemi; per ora, con buona pace degli appassionati di fantascienza, siamo ancora molto lontani da un risultato simile!

Anche le nostre imprese, in realtà, hanno già a disposizione alcuni sistemi di AI più che collaudati. Dovrebbero “solo” acquistarli, implementarli e imparare a usarli. Eppure, stando all’indagine dello IULM AI Lab, poche si sono mosse in questa direzione. Anzi, pochissime: solo 15 gestiscono Facebook Messenger tramite un bot e soltanto 2 hanno dotato il loro sito web di un assistente virtuale. Considerato che il campione totale ne conta 230, possiamo dire che sono casi più unici che rari.

Chatbot, assistente virtuale o agente virtuale?

Se usciamo dai confini del nostro Paese, le aziende non sono altrettanto timide. Chatbot e assistenti virtuali rappresentano infatti il 22% delle soluzioni di AI adottate a livello internazionale nel 2019, conquistando il secondo gradino del podio; al primo posto c’è l’analisi dei dati. Ma che differenza c’è tra questi due termini che, spesso e volentieri, sono usati come sinonimi? Lo scopriamo sfogliando il manuale Fare marketing con l’AI pubblicato da Hoepli.

  • Partiamo dal chatbot, la soluzione più basica. Chi lo programma fa un elenco di possibili domande da parte dell’utente e, per ciascuna di esse, specifica le risposte. Esistono anche chatbot avanzati che imparano dalle conversazioni reali e arricchiscono questo schema iniziale. Questa potenzialità si chiama machine learning e li fa apparire molto meno ingessati.
  • L’assistente virtuale è ben più sofisticato. Non è un caso se viene impiegato da aziende complesse con un migliaia di clienti, come banche e operatori telefonici. Grazie a una serie di funzionalità dell’AI (machine learning, riconoscimento del linguaggio naturale, capacità predittiva ecc.) e all’integrazione con il CRM, dialoga con il singolo utente e gli dà una risposta basata sulle sue caratteristiche e sul suo storico.
  • Se facciamo un passo in più troviamo l’agente virtuale che, oltre a conversare, riesce anche a fare. Un esempio? Se chiediamo a un’app di indicarci la combinazione di mezzi pubblici, taxi e sharing che ci permette di arrivare prima alla stazione, abbiamo a che fare con un assistente virtuale. Se invece può anche comprare il biglietto per noi e recapitarcelo sotto forma di QR code, si siamo imbattuti in un agente virtuale.

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Rivoluzione AI per il customer care

Fin qui abbiamo parlato in linea teorica di cosa può fare l’AI per il customer care. Sappiamo bene, però, che gli addetti ai lavori sono assetati di case history reali. Eccone alcune:

  • call center, customer careCon 13 milioni di clienti, la compagnia di assicurazione sanitaria Humana riceve circa un milione di telefonate al mese. Fino al 2019 erano gestite soprattutto da call center in outsourcing che venivano retribuiti per ogni singola chiamata, anche quando – come capita in più del 60% dei casi – si trattava di domande di routine. Ora un nuovo sistema di Intelligenza Artificiale fa da filtro verificando i dati del cliente, identificando il suo bisogno e indirizzandolo al consulente giusto.
  • Anche il gruppo bancario Crédit Mutuel partiva da un problema molto simile: 5mila filiali, 20mila consulenti, circa 200 prodotti finanziari che nessun dipendente, nemmeno il più esperto, potrà mai conoscere a menadito. La piattaforma sviluppata con IBM Watson smista la metà delle 350mila email che arrivano ai consulenti ogni giorno, accelerando del 60% i tempi di risposta. Non sostituisce i dipendenti umani ma li aiuta a fare meglio il loro lavoro, liberandoli da una mole di richieste ripetitive o, semplicemente, rivolte alla persona sbagliata.

Come se la cava la tua azienda con il customer care? Oltre al tradizionale numero verde si sta cimentando con chatbot e assistenti virtuali? Scrivici: siamo molto interessati a conoscere la tua esperienza!

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