Avere vent’anni o poco più e non fare nulla per mesi o per anni. È la situazione in cui vivono milioni di ragazzi, anche in Italia. Tecnicamente si chiamano Neet, un acronimo che significa “Not in Education, Employment, or Training”: vale a dire che non studiano, non lavorano e non frequentano percorsi di formazione professionale. E rappresentano uno dei più urgenti – e sottovalutati – problemi sociali dei nostri tempi.
Quanti sono i Neet in Italia
A guardarli da fuori, con gli occhi di chi un lavoro ce l’ha e si è lasciato abbondantemente alle spalle i tempi della scuola, i Neet possono sembrare un’eccezione alla regola. I numeri invece ci raccontano una storia ben diversa. I più recenti sono quelli del report “Il silenzio dei Neet”, redatto nel 2019 dal comitato italiano dell’Unicef. Facendo affidamento ai dati Istat del 2018, lo studio afferma che nel nostro Paese ci sono 2.116.000 ragazzi di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. La percentuale rende ancor più l’idea: sono il 23,4% del totale, quasi uno su quattro.
Possiamo tirare un blando sospiro di sollievo se pensiamo che le cose andavano addirittura peggio nel bel mezzo della crisi economica; il picco è stato toccato nel 2014, con il 26,2%. Resta il fatto che, in Europa, siamo saldamente ancorati al primo posto di questa poco invidiabile classifica, lontani anni luce da eccellenze come i Paesi Bassi (5,7%), la Svezia (7%) e Malta (7,4%). La mappa dell’Eurostat (che però fa riferimento a un dataset leggermente diverso) si commenta da sola.
Chi sono i Neet e dove vivono
Anche restando all’interno dei confini del nostro Paese, la geografia appare pesantemente sbilanciata. Il primato spetta senza dubbio alla Sicilia, dove il 38,6% dei giovani rientra nella categoria dei Neet. Seguono la Calabria col 36,2%, la Campania col 35,9%, la Puglia col 30,5% e la Sardegna col 27,5%. Viceversa, al Nord l’incidenza si “ferma” al 15,5% e al Centro raggiunge il 19,5% (percentuali comunque ben superiori alla media europea).
Ma cosa tiene lontani tutti questi giovani dalla scuola, dal lavoro o dalla formazione? Stavolta a darci una risposta è Anpal Servizi, con l’indagine “I Neet in Italia”.
- Il gruppo più numeroso è costituito da tutti coloro che vorrebbero un impiego ma, nonostante i loro sforzi, non lo trovano. Si tratta del 41% degli individui, quasi sempre di età superiore ai 20 anni. Molti hanno già lavorato in passato, ma vivono questa fase di stallo da almeno sei mesi.
- Al secondo posto (24,9%) ci sono i cosiddetti “individui in cerca di opportunità”, che in qualche modo si stanno mantenendo attivi, pur senza essere formalmente iscritti a un corso o assunti da un’azienda. Sono mediamente più giovani e contano su un livello di istruzione medio-alto, ma il loro bagaglio di esperienze lavorative è pari a zero o quasi.
- Le cose si fanno un po’ più difficili quando si passa agli indisponibili, che sono il 19,5%, cioè 427mila persone. Sono soprattutto donne over 25, spesso straniere, che devono prendersi cura dei figli o dei parenti anziani o disabili.
- Più di 300mila italiani sono “disimpegnati” o, per usare un altro termine, scoraggiati. Spesso giovani, donne e con un basso grado di istruzione, non vanno alla ricerca di un futuro migliore semplicemente perché non ci credono davvero. Questa situazione – che per certi versi è la più preoccupante – è particolarmente diffusa al Sud e nelle Isole.
Il digitale al servizio della formazione
Parliamoci chiaro: i Neet sono un gigantesco spreco. Dal punto di vista economico, il nostro tessuto imprenditoriale si trova privato di un’enorme fetta della sua potenziale forza lavoro, che per giunta è la più giovane e promettente. Ma entra in gioco anche un enorme dispendio di capitale umano: è come se le nuove generazioni venissero lasciate in panchina, demoralizzate e messe ai margini.
Per fortuna, c’è anche chi si rimbocca le maniche per cambiare le cose. E, scardinando i pregiudizi comuni che dipingono i ragazzi di oggi come distratti e intontiti dallo smartphone, proprio dal digitale arrivano le opportunità di crescita più interessanti. A cominciare dalla formazione.
In un mercato del lavoro sempre più competitivo, infatti, diventa davvero difficile farsi spazio per chi ha in mano soltanto una licenza media, o un diploma chiuso in un cassetto da qualche anno. Non è detto, però, che per rinfrescare le proprie competenze ci si debba per forza iscrivere a qualche costoso master. Da anni sono disponibili sul web i cosiddetti Mooc (Massive Online Open Courses), corsi di formazione gratuiti o a pagamento che chiunque può seguire da casa, gestendo le tempistiche come meglio crede. Pensiamo a cosa può significare per un giovane che vive in un paese isolato e non può permettersi di trasferirsi altrove. O per chi può ritagliarsi qualche ora per lo studio soltanto di sera, perché nel resto della giornata deve prendersi cura dei figli o dei genitori anziani. L’unico requisito fondamentale è una buona forza di volontà; può fare comodo anche una certa dimestichezza con l’inglese, per poter scegliere da un catalogo di corsi più ampio.
Certo, non si può pensare che i giovani possano fare tutto da soli, tanto più se si portano sulle spalle la zavorra (anche emotiva) di mesi e mesi di CV spediti a vuoto. Soprattutto negli ultimi anni, aziende e istituzioni hanno sperimentato decine di progetti (a livello nazionale ed europeo) volti a recuperare la fiducia dei Neet e aiutarli a trovare la loro strada. In questo complicato percorso, le nuove tecnologie possono essere le migliori alleate: tutto sta nell’affrontarle con lo spirito giusto!
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