L’abolizione del valore legale dei titoli di studio è tornata sui titoli di cronaca grazie al vice premier Salvini che ha parlato di “questione da affrontare”, seguito a ruota dal ministro dell’Istruzione Bussetti. Si parla già da diversi anni dell’argomento, tant’è vero che tutte le ultime legislature hanno provato, senza giri di parole, a liberalizzare la laurea.
Ma di cosa ha bisogno veramente l’università italiana? Ovviamente di innovazione digitale
Il sistema universitario italiano non ha ancora dato una risposta alle esigenze della digital transformation. Il gap, sia per quanto riguarda le metodologie didattiche che le infrastrutture IT, è stato stimato dall’OCSE già nel 2013, in 15 anni di ritardo rispetto alla media degli atenei del Regno Unito. Strumenti come l’E-learning e i Mooc tardano a diffondersi. Per quanto riguarda l’E-learning nonostante la maggior parte degli atenei si dichiari in grado di offrire questo servizio, seppur in forme ridotte e/o sperimentali, la presenza di sedicenti “università telematiche” già oggetto di inchieste non ha aiutato ad accendere i riflettori su queste dinamiche di innovazione.
Parlando di Mooc la storia dell’innovazione digitale nell’università italiana è tutta da scrivere: la formazione open source e condivisa è praticamente interdetta dalla classe dirigente del sistema scolastico, la sua diffusione scarsa, il suo valore non è ancora riconosciuto dal mercato. Eppure è proprio attraverso queste tipologie di corsi, pensate per coinvolgere un numero molto elevato di utenti, che le università italiane potrebbero tornare ad altissimi livelli, imponendosi sul panorama europeo: in particolare se parliamo di cultura umanistica -nettamente più penalizzata rispetto ai corsi di stampo scientifico quando si parla di innovazione digitale.
Attualmente sono ormai 10 milioni gli studenti che hanno seguito un Mooc a beneficio della propria formazione accademica. Questi numeri impressionanti sono da attribuire principalmente ai corsi on-line erogati da grandi college statunitensi: come Coursera (fondato da alcuni docenti dell’università di Stanford in California), oppure Udacity. Queste piattaforme permettono a chiunque di seguire determinati corsi direttamente da casa: permettono di assistere alle lezioni in streaming, offrono materiale didattico in free download e in certi casi permettono un contatto diretto con i professori.
Fortunatamente non siamo senza speranza
Nonostante la scarsa attenzione dal Ministero, gli Atenei italiani si stanno attrezzando per dar corpo ad un’offerta italiana nel settore dei Mooc. Nei dipartimenti dell’università di Modena e Reggio Emilia sta prendendo forma Eduopen: una piattaforma che ha già coinvolto quindici università pubbliche italiane (tra le quali Reggio Emilia, Venezia, Milano-Bicocca, Padova, Parma, Bari, Bolzano, Ferrara, Genova, Catania e il politecnico di Ancona), nata per offrire a tutti (studenti e lavoratori) l’opportunità di seguire gratuitamente corsi on-line, senza rinunciare al valore della formazione.
Dall’esigenza di digitalizzare i servizi per studenti e docenti, alla necessità di dare supporto a nuove modalità didattiche che si basano su contenuti digitali, l’università italiana dovrà sapersi innovare per poter fornire agli studenti gli strumenti necessari per essere all’altezza dei colleghi del resto del mondo.