Fiere rinviate di mesi e poi cancellate, tavoli della cucina trasformati in uffici, dischi ascoltati solo su Spotify e non più sotto il palco. Da un anno a questa parte il coronavirus ci ha imposto di limitare al massimo gli incontri vis-à-vis, ed è difficile prevedere quando potremo tornare ad affollare gli eventi dal vivo. Nell’attesa di ritrovarci, spensierati e senza mascherine, possiamo però approfittare di alcune tecnologie per imprimere un salto di qualità alla nostra vita digitale. Una fra tutte, la realtà aumentata.

Realtà aumentata o realtà virtuale?

pokemon go realtà aumentataSu questo argomento si fa ancora parecchia confusione, quindi cerchiamo prima di tutto di disegnarne il perimetro, con l’aiuto di Intel. La realtà aumentata (AR) mette al centro il mondo reale e lo arricchisce di nuovi elementi digitali. Quando qualche anno fa andavamo tutti a caccia di Pokémon, stavamo giocando proprio con un’app basata sulla realtà aumentata. La realtà virtuale (VR) ci chiede invece di indossare visori e cuffie e immergerci in un mondo che non esiste. Un mondo in cui, per esempio, dobbiamo metterci in fuga dai Velociraptor a Isla Nublar e ci si gela il sangue a sentire il loro strillo in lontananza. Poi c’è anche la realtà mista (MR) che fonde elementi del mondo reale e di quello digitale. Potremmo descriverla come una realtà aumentata 2.0 in cui possiamo anche interagire con gli elementi virtuali, afferrandoli e spostandoli con le nostre mani.

Un ufficio in realtà aumentata

Finora abbiamo parlato di giochi, ma la realtà aumentata potrebbe dare tutto un altro ritmo anche alle nostre lunghe giornate in smart working. Ne sono convinti i fondatori di Spatial, una startup che permette di creare il proprio avatar in 3D e interagire con quelli dei colleghi. “All’inizio è stato un po’ imbarazzante, ma questa sensazione era già svanita dopo un paio di minuti”, assicura il giornalista di Vox che l’ha provato, arrivando a questa conclusione: “Mi voglio incontrare con i miei amici in Spatial. Sarebbe dannatamente meglio di un altro happy hour su Zoom”.

Se l’idea di essere circondati da ologrammi in salotto ci fa un po’ storcere il naso, mettiamoci però nei panni di un designer che ha progettato un nuovo packaging e può mostrarlo ai colleghi in AR, ruotandolo e maneggiandolo, senza spendere nemmeno un euro per realizzare il prototipo.

Camerini e specchi diventano virtuali

negozio di abbigliamentoNon si vive di solo lavoro, per fortuna. Lo sanno bene i grandi marchi del retail che iniziano a proporre la realtà aumentata per invogliare all’acquisto. Nella catena di profumerie Sephora, le restrizioni anti-Covid ormai vietano di testare i trucchi approfittando dei canonici campioncini; anzi, a dirla tutta sono sempre di più i clienti che preferiscono tenersi alla larga dai negozi fisici e optare per l’e-commerce. Ma come fa la cliente a capire se le dona di più un rossetto matte o un gloss? Semplice: l’app Virtual artist inquadra il viso, ne ricostruisce i tratti e permette di provare virtualmente il make up. Oltre a essere installata sugli schermi negli store, può essere scaricata anche in qualsiasi smartphone. Stanno facendo qualcosa di molto simile anche svariati brand di abbigliamento, considerato che in questo periodo non è una grande idea infilarsi in un camerino e indossare capi che sono stati già toccati da decine di sconosciuti.

Dallo specchio di casa al virtual mirror

Proprio nel mondo del fashion fervono i preparativi per portare in negozio il virtual mirror. Idealmente, invece di aggirarsi tra i reparti per fare incetta di vestiti da portare in camerino, il cliente si specchia di fronte a uno schermo, indica il capo che lo incuriosisce di più e lo vede indossato. Ecco un prototipo sviluppato da Microsoft adottando la tecnologia Kinect.

Quando però si passa dalla teoria all’applicazione reale, come nei video di seguito, si nota subito che il sistema è ancora un po’ zoppicante. Ad oggi le sperimentazioni più riuscite sono quelle su cappelli, sciarpe, orologi e occhiali; Luxottica guarda caso non si è fatta attendere e ha sviluppato una tecnologia esclusiva, disponibile da febbraio 2020 nell’e-commerce di Valentino. Provare in realtà aumentata una camicia è una sfida ben più complessa sul lato tecnico, e lo dimostra il fatto che oggi il risultato appaia ancora un po’ rigido e innaturale.

Intanto la strada è stata tracciata e sperimentata sotto diverse forme (per i più smanettoni, questo articolo scritto da un Data Science Engineer è una miniera d’oro). La pubblicità interattiva del brand di abbigliamento Lily nella metropolitana di Shanghai, per esempio, non inquadra i passanti in real time ma chiede loro di scattarsi un selfie. Una volta impostati altezza e peso, la realtà aumentata applica l’abito; se il risultato convince, basta inquadrare il QR code per scaricare la foto sullo smartphone. In attesa di un futuro in cui, forse, tutti avremo un virtual mirror nel nostro guardaroba di casa.

Pubblicità aumentata e sorprendente

La realtà aumentata non poteva certo sfuggire ai radar delle agenzie pubblicitarie, sempre pronte a cavalcare le nuove tecnologie per declinare le loro idee creative in una forma ancora più spettacolare. Già nel 2013 Coca-Cola e il Wwf riproducevano l’Artico in digitale al Museo della Scienza di Londra, e i visitatori rimanevano a bocca aperta ritrovandosi alla deriva su un iceberg che si era staccato a causa della fusione dei ghiacci.

Burger King, con il suo solito stile dissacrante, ha invitato i clienti a inquadrare con lo smartphone i cartelloni pubblicitari dei competitors, incendiarli in realtà aumentata al grido di battaglia di “Burn that ad!” e ricevere in cambio un Whooper omaggio. Ma non è detto che questa possibilità sia aperta solo a chi lancia campagne milionarie: anche Facebook permette di caricare gli effetti di AR nelle inserzioni.

L’emergenza sanitaria, insomma, ha impresso una grossa accelerata all’utilizzo della realtà aumentata; ma tutto fa pensare che questa tecnologia sia qui per restare.

TAGS:
innovazione - realtà aumentata - realtà virtuale - tecnologia