coronavirusIn questo momento, parlare d’altro sarebbe quasi una forzatura. Mentre scriviamo quest’articolo sono passati circa tre mesi da quando il coronavirus ha fatto la sua prima comparsa a Wuhan e un mese dal 21 febbraio, data in cui è stato confermato il primo caso italiano, il famoso “paziente 1” di Codogno. Nell’arco di una manciata di settimane, le nostre priorità si sono del tutto ribaltate. Da un giorno all’altro abbiamo archiviato tutte le nostre abitudini quotidiane: il caffè al bar, la giornata di lavoro in ufficio, la palestra, la cena fuori insieme a parenti o amici. Tutto, pur di contenere il contagio. E la nostra piccola battaglia individuale non è nulla in confronto a quella che si sta combattendo nelle corsie degli ospedali, da cui ogni giorno trapelano storie e cifre agghiaccianti.

Nel nostro piccolo, anche noi di DigitalHive ci siamo interrogati su cosa valesse la pena di scrivere senza avventurarci in territori che non ci competono. Considerato che il nostro lavoro è quello di aiutare le aziende a comunicare sul web, ci è sembrato logico lanciare qualche spunto di riflessione sul diluvio di informazioni, notizie e commenti che affollano gli schermi. Se è vero che informarci ed esprimere opinioni è un nostro diritto, è vero anche che in questo momento è comprensibile sentirci un po’ disorientati. C’è un modo per seguire una dieta mediatica sana, senza farci prendere dagli allarmismi o contribuire involontariamente a diffonderli? Le formule magiche – tanto per cambiare! – non esistono, ma può esserci utile mettere qualche paletto.

Perché la scienza non possiede tutte le risposte

scienza, coronavirusConfusione. Tanta, tanta confusione. Fino a un paio di mesi fa voci autorevoli giuravano che il coronavirus fosse una banale influenza, ora la sola idea ci sembra il vaneggio di un irresponsabile. Abbiamo visto medici seri e titolati – come il virologo Roberto Burioni e la direttrice dell’ospedale Sacco di Milano Maria Rita Gismondo – azzuffarsi verbalmente tra loro e contraddirsi da un giorno all’altro. Ma com’è possibile? Noi comuni mortali, che non siamo medici né ricercatori, di chi ci dobbiamo fidare?

Questo interessante articolo pubblicato da Esquire ci aiuta a trovare una quadra, spiegandoci che:

Siamo abituati a vedere scienziati e divulgatori parlarci di conoscenze scientifiche stabili, come l’evidenza scientifica sui vaccini, su cui c’è un consenso scientifico ampio e consolidato da decenni. In quel caso la scienza può fingere di essere un monolite di verità cristalline.

Un elemento del tutto inedito – e il coronavirus lo è – frantuma questo illusorio muro di certezze, come il classico elefante in una cristalleria. E ci mette di fronte a una realtà scomoda: il dibattito scientifico è costantemente in divenire. Visto che le risposte cambiano di giorno in giorno (anzi, di ora in ora), non possiamo accontentarci di prendere per buone le prime notizie che ci capitano sottomano. Se vogliamo vederci chiaro, siamo costretti a cercare, verificare, approfondire. A pensarci bene, dedicare una mezz’oretta alla lettura è anche un bel diversivo in tempi di quarantena! 😉

Come funziona il dibattito scientifico

Nel mondo esistono centinaia di riviste scientifiche, contrassegnate da una sorta di “punteggio di autorevolezza” (impact factor), che selezionano gli articoli in arrivo e li sottopongono a un processo di selezione e revisione (peer review) che può durare mesi. Al loro fianco sono nate piattaforme digitali aperte in cui i ricercatori pubblicano in tempo reale i risultati delle loro sperimentazioni, permettendo a chiunque di commentarli e rielaborarli.

Per sviscerare questo tema servirebbe ben più di un post, quindi ci limitiamo a scendere a patti con la realtà: non basta una pubblicazione isolata per dare una risposta univoca e certa a una domanda scientifica. Perché ogni suo aspetto dev’essere esaminato da più punti di vista a suon di esperimenti, verifiche, nuovi esperimenti effettuati su campioni diversi e con metodologie diverse. Le nostre nonne non avevano poi tutti i torti, quando ripetevano che una rondine non fa primavera. Arrivare a un consenso condiviso è un percorso lungo, fatto di tanti piccoli passettini – e anche di qualche inevitabile scivolone. Se siamo alla ricerca della “verità” sul coronavirus, rassegniamoci: non arriverà oggi né la settimana prossima.

Un’epidemia… di notizie false

In questo clima di incertezza e apprensione, le fake news trovano terreno fertile. A chi non è capitato di ricevere via Whatsapp qualche messaggio catastrofista inoltrato da chissà chi? C’è chi si improvvisa “piccolo chimico” e prepara l’Amuchina in casa (tecnicamente è possibile, ma solo seguendo le istruzioni ufficiali diramate dall’Oms in occasione dell’epidemia di ebola in Africa); chi giura che stia per entrare in vigore il famigerato “biocontenimento BLS-4” che metterà sotto rigida quarantena domiciliare ogni singolo abitante del Pianeta; chi si strafoga di arance nella convinzione che la vitamina C basti a proteggerci dal coronavirus.

Nel migliore dei casi sobbalziamo, ci soffermiamo per qualche secondo e lo cancelliamo senza nemmeno investirci troppo tempo. Nel peggiore dei casi scatta l’invio compulsivo, corredato dai vari “ma tu che ne dici?”, “sarà vero?”, “siamo messi male…”.

Come smascherare le fake news

fake news, whatsappMettiamo subito in chiaro una cosa: essere curiosi e andare alla ricerca di un appiglio è nella nostra natura. Così come fidarci istintivamente delle parole di un collega o di un amico che conosciamo da anni. Proprio perché questo meccanismo è assolutamente comprensibile, cerchiamo di affrontarlo con razionalità. Quando incappiamo in una notizia che circola nei social network, resistiamo alla tentazione di premere il tasto “condividi” prima ancora di aver letto il testo fino in fondo. Ma evitiamo anche di aggredire a priori chi l’ha pubblicata, alimentando un clima di nervosismo che non giova a nessuno.

Piuttosto, facciamo un bel respiro profondo e cerchiamo di valutarla seguendo questi criteri oggettivi:

  • Spesso basta una banalissima ricerca su Google per fugare i primi dubbi. Troviamo subito conferma di quello che è successo oppure ci imbattiamo in tante versioni contrastanti?
  • Possiamo risalire alla fonte primaria della notizia? Attenzione: un giornale, per quanto ci possa apparire autorevole, non è una fonte primaria. Men che meno un blog, che non è sottoposto ad alcuna sorveglianza. Se per esempio un articolo sostiene che l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha consigliato alcuni farmaci e ne ha sconsigliati altri, dovrebbe come minimo linkare il comunicato ufficiale. Se non lo fa, andiamo a cercarlo noi! Di nuovo, nessuno ci impone di perdere mezza giornata per leggere il portale dell’Oms da cima a fondo: qualsiasi sito istituzionale mette bene in vista la sezione delle news (e, se non lo fa, Google viene in nostro soccorso).
  • Diffidiamo dai toni allarmisti. Il vocabolario delle bufale abbonda di parole scritte tutte in maiuscolo, punti esclamativi a non finire, titoli ammiccanti che non arrivano al dunque, espressioni come “le autorità stanno cercando di nasconderlo, ma…”.

I migliori siti di debunking

Se è vero che sul web c’è chi si diverte (o, peggio, si arricchisce) facendo circolare le fake news, per fortuna c’è anche chi svolge per conto nostro questo prezioso lavoro di smascheramento, che in termini tecnici si chiama debunking. Di seguito ti indichiamo alcune risorse super affidabili, tutte in italiano e di facile consultazione:

andrà tutto beneCon queste righe non pretendiamo di aver trovato delle risposte (che per ora scarseggiano), ma speriamo almeno di aver fatto la nostra parte per aiutarti a vivere questo momento con la giusta dose di raziocinio. Come te, anche noi viviamo perennemente connessi e abbiamo deciso addirittura di fare del digitale il nostro lavoro. E in situazioni “estreme” come questa troviamo conferma del fatto che internet è un mare magnum che contiene qualsiasi cosa, dalla speculazione più becera alle risorse davvero utili alla collettività. Cerchiamo quindi di coglierne il lato positivo, perché esiste ed è preziosissimo. E ricordiamoci… #andràtuttobene!

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