“L’era dei social media sta finendo. Non sarebbe mai dovuta cominciare”. Il The Atlantic ci va giù pesante nel titolo del suo lungo approfondimento sulle peripezie che stanno affrontando i social media negli ultimi mesi. Ma siamo davvero di fronte a un tracollo così verticale? Quali sono i fenomeni che vale la pena di tenere d’occhio? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Le scommesse sbagliate di Facebook
“Oggi condivido uno dei cambiamenti più difficili che abbiamo apportato nella storia di Meta. Ho deciso di ridurre di circa il 13% le dimensioni della nostra squadra e lasciar andare più di 11mila dei nostri dipendenti di talento”. Con queste parole Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook e amministratore delegato di Meta (la società che comprende anche Whatsapp, Messenger, Instagram e non solo), ha annunciato a inizio novembre 2022 un gigantesco piano di licenziamenti.
Zuckerberg si è preso personalmente la colpa di alcune scelte azzardate, come i massicci investimenti nell’e-commerce all’inizio della pandemia, rivelatisi poi eccessivi quando i volumi di transazioni online sono tornati alla normalità. Ripercorrendo la cronistoria degli ultimi anni, però, si scopre che le scommesse finite male sono state parecchie. Come la criptovaluta Libra, lo smartwatch che avrebbe dovuto fare concorrenza ad Apple, il servizio di newsletter su abbonamento Bulletin, la piattaforma di podcast e molte altre che sono rapidamente cadute nel dimenticatoio.
Nell’arco dell’ultimo anno, mentre la capitalizzazione di mercato di Meta colava a picco, Zuckerberg investiva dieci miliardi di dollari in quello che ha presentato con entusiasmo come il futuro del web: il Metaverso. E se per l’ennesima volta avesse puntato sul cavallo sbagliato? Alcuni analisti lo temono, visto che la qualità degli ambienti virtuali ad oggi lascia a desiderare e, soprattutto, a frequentarli sono davvero in pochi (si parla di 300mila utenti mensili per Horizon Worlds, l’applicazione in realtà virtuale di Meta).
Legs are coming soon! Are you excited? 🎉 pic.twitter.com/SB6qSepKm4
— Meta Horizon (@MetaHorizon) October 11, 2022
La tiktokizzazione di Instagram (e non solo)
Nel frattempo come se la cava la stella indiscussa della galassia Meta, Instagram? Difficile dare una risposta netta perché è vero che i numeri lo premiano, con quei due miliardi di utenti raggiunti nell’autunno del 2021 che potrebbero diventare due miliardi e mezzo entro il 2023, ma è anche vero che sembra un po’ in crisi di identità.
Per la smania di emulare TikTok la piattaforma ha virato in modo piuttosto frettoloso sui reel, imponendoli di fatto ai creator come condicio sine qua non per mantenere la propria visibilità. Così di fatto ha sconfessato la propria ragione d’essere originaria, cioè quella di social media fotografico. Avrà funzionato? Alcuni documenti interni visionati dal Wall Street Journal rivelano numeri impietosi: 17 milioni di ore al giorno trascorse dagli utenti a guardare i reel contro i quasi 200 milioni di TikTok, engagement quasi nullo, un reel su tre che è solo un mero repost da altre piattaforme (nonostante l’algoritmo faccia di tutto per scoraggiarlo).
Certo, nel vortice del digital nulla è scritto sulla pietra, nemmeno questi numeri. Ma l’insofferenza nei confronti di questo ennesimo cambio di pelle è tangibile. Soprattutto perché non nasce dall’ascolto degli utenti, bensì dalla pura e semplice volontà di imporsi su TikTok, esattamente com’è accaduto qualche anno fa copiando le stories da Snapchat. A guardare bene, è il web nel suo insieme che si sta tiktokizzando: da YouTube a Reddit, da Snapchat al New York Times, sono decine le piattaforme che hanno iniziato a privilegiare i video brevi verticali, immersivi e particolarmente appealing.
Alla ricerca di gentilezza e autenticità con Gas e BeReal
C’è un’altra caratteristica che tanti iniziano a mal tollerare e che, curiosamente, accomuna i due rivali Instagram e TikTok: la natura artefatta dei contenuti. Tra pose studiate ad arte, filtri ed espedienti di montaggio, ormai foto e video hanno ben poco a che fare con la cosiddetta vita vera. Eppure miliardi di persone non possono fare a meno di immergersi ogni giorno in questo flusso incessante di vite perfette che, a lungo andare, mette a dura prova l’autostima, soprattutto quella degli adolescenti.
Far sentire le persone accolte e apprezzate è l’ambizione di Gas, app che sta spopolando tra i teenager americani. Chiunque può sottoporre un sondaggio agli amici e ricevere le loro opinioni, anonime, ma rigorosamente costruttive e mai negative.
La controproposta che punta tutto sull’autenticità è invece quella di BeReal: il funzionamento è semplicissimo, quasi spartano. Una volta al giorno l’utente riceve una notifica: a quel punto ha due minuti di tempo per condividere due foto, una scattata con la fotocamera posteriore e una con quella frontale. Non esistono filtri, scritte né altri espedienti per renderla più accattivante. Gli amici possono inviare commenti e reactions, ma soltanto se anche loro sono attivi; non c’è dunque spazio per i lurker, gli “spioni” che si limitano a guardare senza postare nulla. Tutto qui.
BUONGIORNO CON IL BEREAL DI CHARLES LECLERC pic.twitter.com/sBhWgosWFL
— Cam|🍳🍳🍳🍳 (@CamFerrari25) November 22, 2022
Per quanto basico, il format sembra funzionare. Stando alle indiscrezioni raccolte da TechCrunch, a ottobre 2022 l’app ha sfondato il tetto dei 20 milioni di utenti attivi al giorno. Sono sempre briciole rispetto a Facebook e Instagram, ma c’è anche da dire che due mesi prima erano solo 7,9 milioni. Certo, bisognerà vedere se la moda sarà destinata a durare. Ricordiamo tutti quanto la rapida ascesa di Clubhouse sia stata accompagnata da un ancor più rapido declino.
La guerra dei cloni
E cosa hanno fatto gli altri social media, sentendosi comprensibilmente minacciati? TikTok ha annunciato i test di TikTok Now e Instagram ha iniziato a lavorare su un prototipo di Candid Challenges. Al netto di sottili differenze tra le due, entrambe funzionano allo stesso modo: ogni giorno l’utente riceve una notifica che lo invita a scattare una foto o girare un video con la camera frontale e posteriore, per poi condividerla subito. Insomma, hanno copiato in modo piuttosto frettoloso e senza fare nulla per nasconderlo. Cosa che ormai capita con una puntualità invidiabile ogni volta che all’orizzonte si affaccia qualche novità promettente.
Abbiamo già parlato di Instagram che emula TikTok, ma quest’ultimo era pur sempre nato dalle ceneri di Vine, poi acquisito da Twitter, lo stesso Twitter che non si è fatto troppi problemi a creare Spaces, chat audio smaccatamente uguali alle stanze di Clubhouse. E gli esempi potrebbero continuare.
A questo punto la domanda sorge spontanea: a furia di copiarsi l’un l’altro, i social media non finiranno per diventare tutti uguali? Il rischio c’è, tant’è che gli addetti ai lavori ne discutono ormai da qualche anno. Non c’è niente di male a osservare i competitor, è un principio base del marketing, ma qui siamo forse un po’ oltre. “È più difficile sapere a cosa serve una data piattaforma quando tutte fanno la stessa cosa”, scrive Wired.
Il giusto approccio ai social media
Di fronte a tutti questi piccoli e grandi smottamenti, come si dovrebbe comportare un’azienda? Continuare come se niente fosse con il suo piano editoriale, oppure fuggire a gambe levate? In questo secondo caso, però, non rischia di mandare a monte il duro lavoro portato avanti negli anni per costruirsi una presenza digitale?
La prima considerazione da fare è che, in un certo senso, il presente dei social media è molto più funzionale alle esigenze di imprese ed editori che a quelle delle persone. Come sottolinea l’articolo del The Atlantic, i social network – intesi come spazi in cui gli utenti parlano tra di loro, per restare in contatto con i familiari o ritrovare vecchi compagni di scuola – erano già morti da un pezzo. Con i social media, il primo dei quali è stato Twitter, ciascuno parla (o ambisce a parlare) con tutti. E la fruizione di un canale come TikTok, a pensarci bene, ricorda molto lo zapping in TV con cui combattevamo la noia nei lunghi pomeriggi estivi negli anni Novanta. Per le aziende, che per loro natura comunicano in modo monodirezionale, non è detto che sia una cattiva notizia.
Quello che qualsiasi impresa dovrebbe sempre tenere a mente è che i social media sono un mezzo e non un fine. A dieci anni dall’affermazione di massa di questi canali, c’è ancora chi apre pagine e le riempie di contenuti soltanto perché “lo fanno tutti”. Ma questo è il modo migliore per sprecare tempo, denaro ed energie. L’esempio (negativo) da manuale è quello dei politici italiani, sbarcati in massa su TikTok a poche settimane dalle elezioni del 25 settembre del 2022, salvo poi essere ridicolizzati proprio da quella GenZ che speravano di conquistare. L’approccio giusto è quello di focalizzarsi sui canali realmente popolati dal proprio pubblico. Adeguandosi al loro linguaggio, ma senza snaturarsi e senza la smania di rincorrere acriticamente qualsiasi novità.
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