Se parliamo di scelte che ti permettono di ridurre il tuo impatto ambientale, qual è la prima cosa che ti viene in mente? Probabilmente penserai alla bici o ai mezzi pubblici per percorrere il tragitto casa-ufficio. Oppure ai burger vegetali che metti nel carrello per evitare di mangiare carne troppo spesso. O ancora alla gita fuori porta in treno, che si rivela anche molto più rilassante rispetto alla prospettiva di andare e tornare in aereo da una capitale europea nell’arco di un weekend. Sono tutte risposte esatte ma, con questo articolo, vogliamo suggerirtene altre. Hai mai riflettuto sul fatto che ogni singola azione che compi con lo smartphone, il tablet o il computer ha un impatto ambientale? Anche un normale utilizzo del PC e dei propri smartphone, le mail e le applicazioni di messaggistica, lo streaming video e il cloud comportano l’emissione di gas serra.

L’impatto ambientale del digitale vola per colpa dell’IA

data centerLo sanno bene i colossi della tecnologia che negli scorsi anni hanno messo a punto ambiziosi piani di abbattimento delle proprie emissioni di gas serra, salvo poi vederli infrangersi contro l’avanzata dell’intelligenza artificiale.

Per addestrare i modelli di apprendimento e per farli funzionare, infatti, bisogna appoggiarsi ai data center. Vale a dire imponenti strutture di acciaio e cemento (materiali la cui produzione è ha una forte impronta ecologica) che ospitano server, dischi rigidi, schede di rete, router. Apparecchiature che devono restare collegate alla rete elettrica 24 ore su 24, 7 giorni su 7. E vanno tenute alla giusta temperatura attraverso poderosi impianti di raffreddamento, anch’essi sempre in funzione. Insomma, l’intelligenza artificiale consuma enormi quantità di energia, energia che tuttora viene prodotta per la maggior parte con i combustibili fossili. L’esatto contrario della sostenibilità ambientale.

Così Microsoft, che puntava entro la fine del decennio a rimuovere più CO2 dall’atmosfera di quanta ne genera, nel suo ultimo rapporto di sostenibilità fa sapere di aver visto crescere le proprie emissioni del 30% in tre anni. Per Google l’aumento è del 48% in cinque anni. E, per sua stessa ammissione, “non sarà facile” rispettare la promessa di azzerare le emissioni nette entro il 2030.

6 consigli pratici per abbassare l’impatto ambientale della tua vita digitale

A questo punto ti starai chiedendo: “Ma io cosa posso fare?”. Certamente non spetta a te studiare la strategia di decarbonizzazione delle Big Tech. Ma puoi fare la tua parte in qualità di utente delle loro piattaforme – e, tutto sommato, può rivelarsi più facile del previsto. Oltre a suggerirti di testare i tool gratuiti disponibili online, ti diamo qualche dritta su come ridurre l’impatto ambientale della tua vita digitale.

1. Cancella quello spam

Ormai avrai sentito dire in tutte le lingue di stampare le mail solo se ne hai veramente bisogno. Ma avevi mai pensato che anche inviarle e riceverle, quelle mail, ha un impatto sull’ambiente? Piccolo, invisibile, ma c’è. Soprattutto se contengono allegati. Ora che ti abbiamo dato questo assist, sai già cosa fare: svuota la casella dello spam, disiscriviti dalle newsletter che non leggi da anni e cancella quelle centinaia di mail promozionali mai aperte che occupano spazio inutile nella tua casella di posta. Ci guadagnerai anche in ordine mentale!

2. Salva in cloud solo se necessario

Come sanno bene i vostri clienti, facciamo backup di tutto, backup a ripetizione. E invitiamo a fare altrettanto. Ma cum grano salis, come dicevano una volta. È vero che le fatture elettroniche e i progetti di lavoro devono essere salvati in cloud, ma per le foto delle vacanze basta anche solo un caro, vecchio, hard disk esterno.

3. Spegni il video durante le call

Soprattutto dopo il periodo di smart working forzato dovuto alla pandemia, le call si sono moltiplicate. Se non puoi fare nulla per evitarle, puoi almeno spegnere il video quando non è strettamente necessario, per esempio se è un veloce confronto tra colleghi o se c’è qualcuno che presenta un documento a tutto schermo. Fa la differenza? Eccome: con il video spento, la carbon footprint (cioè l’impatto in termini di emissioni) crolla del 96%.

4. Cerca su Google, non su ChatGPT

Parliamoci chiaro, ChatGPT è uno strumento straordinario. Ma lo è perché consuma una quantità incredibile di risorse. Gli studi scientifici in merito sono ancora scarni, ma c’è chi ha provato a calcolare l’impatto in termini di emissioni di ogni query: la stima è di circa 4,32 grammi di CO2. Sembra un numero esiguo, ma va moltiplicato per i milioni di utenti che ogni giorno interrogano ChatGPT per i motivi più disparati. Un buon compromesso potrebbe essere quello di usarlo per quello che è, cioè un chatbot: se hai bisogno semplicemente di un motore di ricerca, Google è molto più funzionale ed emette appena 0,02 grammi di CO2 per ogni query.

5. Utilizza piattaforme e soluzioni digitali che si impegnano per la riduzione della loro carbon footprint

“Sì, tutto giusto, ma mica posso fare a meno di email, piattaforme di messaggistica, siti web e motori di ricerca!”. Se una considerazione di questo tipo sta frullando nella tua testa, hai ragione: è impossibile farne a meno. Ma puoi pur sempre scegliere quali piattaforme usare. Forse hai sentito parlare di Ecosia, un motore di ricerca che reinveste i suoi profitti nella piantumazione di alberi, oppure di Adform, una piattaforma di programmatic advertising che consuma quasi solo elettricità da fonti rinnovabili e adotta altri accorgimenti molto efficaci per ridurre le emissioni. A parità di servizio offerto, tra un fornitore e un altro può esserci una grande differenza.

6. Acquista un dispositivo rigenerato

Buy less, choose well, make it last: Vivienne Westwood lo diceva dei vestiti, ma per smartphone, tablet e computer dovrebbe valere lo stesso principio. Eppure, c’è chi crede sia una buona idea mettersi in coda di notte per accaparrarsi l’ultimissimo iPhone, ben sapendo che rispetto al precedente cambia solo qualche dettaglio nel design o, al più, la risoluzione della fotocamera. Certo, le case produttrici non ci aiutano, perché sappiamo bene che – con una puntualità svizzera – dopo un paio d’anni dall’acquisto di un dispositivo arriva un aggiornamento che lo fa rallentare visibilmente. Ma cancellare file e app inutilizzate, o rivolgersi a un centro assistenza in caso di veri e propri malfunzionamenti, dovrebbe bastare per limitare i danni e allungare di qualche mese la sua vita utile. E, se proprio bisogna sostituirlo, perché non comprarne uno rigenerato? Fidati: nessuno al mondo potrà trovare differenze con lo stesso modello acquistato nuovo.

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